1. Il quadro generale di riferimento mondiale
L’attuale modello di sprechi e disuguaglianze sul nostro pianeta è insostenibile: le energie non rinnovabili (come il petrolio, il carbone, l’uranio e il gas naturale) sono sempre più scarse e aumenta il costo ambientale della loro estrazione e del loro uso.Le fonti energetiche rinnovabili devono diventare l’unica fonte di energia e sostituire i combustibili fossili, principale causa del cambiamento climatico. Tuttavia, le fonti rinnovabili non sarebbero sufficienti a sostenere lo stile di vita energivoro e dissipatore dei paesi occidentali. Perciò dobbiamo, nel contempo, modificare le nostre case, i nostri trasporti, il nostro modo di produrre e consumare, il nostro rapporto con la natura. Questo è, in sintesi, quanto afferma il Rapporto Energia 2050 del WWFInternazionale. Il problema dell’energia nei paesi industrializzati non è risolvibile in termini di grandi impianti di trasformazione da installare, bensì in termini di uso migliore delle risorse energetiche e, per quanto attiene l’energia elettrica, in termini di centrali tradizionali da evitare o sostituire.
1.1 La proposta del WWF: l’ Energy Report 2050
Nell’Energy Report 2050 del WWF Internazionale, si ipotizza e dichiara possibile l’uscita dalla dipendenza dai combustibili fossili entro l’anno 2050, anche in presenza di stime cautelativamente elevate per quanto riguarda la crescita della popolazione e del prodotto economico lordo mondiale.Il Rapporto WWF prevede a livello mondiale una diminuzione media dei consumi pro-capite di energia, con una leggera crescita intorno al 2015 fino a 47 GJ l’anno procapite e poi una graduale decrescita fino a raggiungere nel 2050 circa 27 GJ l’anno procapite a livello mondiale. In tale andamento, va associata nelle previsioni WWF la graduale diminuzione dell’uso delle fonti non-rinnovabili fino alla quasi scomparsa entro il 2050, sostituite da fonti rinnovabili. E’ evidente che un simile scenario a livello mondiale inevitabilmente coinvolga drastici cambiamenti del modo di produrre e del modo di consumare nei Paesi occidentali, quindi anche in Italia. Se per alcuni Paesi (emergenti o in via di sviluppo) il consumo pro-capite annuo di energia stimato dal WWF Internazionale per il 2050 costituisce un aumento della disponibilità energetica, per l’Italia esso rappresenterebbe una cospicua riduzione dei consumi individuali rispetto ai circa 130 GJ annui pro-capite attuali e pertanto la necessità di fare di più con meno, ossia di passare – senza traumi – dall’attuale Italia da 188 MTEP(2010) a una Italia da circa 150 MTEP nel 2050 (o anche meno), e per di più quasi interamente di origine rinnovabile.
1.2 Modello di sviluppo
Di fronte ai cambiamenti globali in corso sul nostro pianeta, porsi il problema del nostro rapporto con la crescita economica (e tutte le sue conseguenze, connesse al consumo delle risorse e dei beni comuni) è assolutamente inevitabile. I problemi ambientali e la competizione internazionale per l’uso delle risorse stanno già creando una destabilizzazione degli equilibri sociali ed economici (povertà, flussi migratori,guerre, crisi economiche) che non sarà possibile rimuovere se non prendendo consapevolezza del problema e modificando stili di vita, rapporti di scambio e rapporti sociali. La decrescita nei Paesi industrializzati e la crescita nei Paesi “in lista di attesa” avverranno comunque, anzi stanno già avvenendo, ma anche in questi ultimi all’interno di un modello economico che è incompatibile con lo sviluppo sostenibile e con il benessere delle generazioni future; è necessario sviluppare un nuovo modello economico e mettere in atto politiche che “accompagnino” il processo di cambiamento facendolo evolvere in modo equo a livello globale, nazionale e intergenerazionale.
1.3 La nostra prospettiva
In Italia, anche sull’energia si confrontano due visioni: una basata sul mercato senza regole, completamente affidata all’iniziativa individuale delle aziende, cui il decisore politico si adegua successivamente, con il supporto economico e di infrastrutture;un’altra che detta un ambito di regole e di programmazione, con una visione dell’interesse generale, all’interno della quale si situa l’iniziativa economica dei singoli e delle imprese. A fare le spese della prima visione sono sempre stati la natura,l’ambiente, la salute umana, la collettività; gli Stati moderni, pur con grandi differenze e contraddizioni, hanno sempre rivendicato il loro ruolo nella programmazione, anche energetica. Questa esigenza è acuita dalla necessità di ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica per arrivare alla completa decarbonizzazione dell’economia entro il 2050. E’ in questo quadro che occorre una Strategia Energetica Nazionale frutto di scelte trasparenti e partecipate. Vi è necessità di un Piano Energetico Nazionale, opportunamente parametrato e collegato con le singole realtà e vocazioni produttive regionali, adeguando anche la rete elettrica alle esigenze più efficaci ed efficienti dei flussi e scambi energetici.
La nostra visione si può riassumere in due nuove concezioni della produzione e delconsumo energetico:
a) la centrale “virtuale” (la centrale che non c’è…), che consiste nella riduzionedei consumi energetici (elettrici e termici) grazie a una serie di numerosiaccorgimenti e tecnologie avanzate per il risparmio e l’aumento di efficienza.Il risparmio così ottenuto non riguarda solo l’energia elettrica, ma anche altreforme di energia (metano, derivati del petrolio) notevolmente inquinanti ecomunque importate dall’estero.;
b) La centrale “diffusa” ossia una produzione elettrica (e più in generale energetica) equivalente a quella di una centrale tradizionale, ma ottenuta come somma di tante piccole e medie installazioni solari fotovoltaiche e termiche, eoliche, idroelettrico (dove possibile e senza generare ricadute sugli usi agricoli oppure alterazioni del ciclo idrico a valle del prelievo) e da biomasse di scarto (biogas, calore). Nel corso del 2011 sono stati istallati in Italia circa 12.750MW di generatori fotovoltaici (Gestore dei Servizi Energetici (GSE), stima aggiornata al 31 dicembre 2011 della produzione e della potenza degli impianti a fonti rinnovabili nel settore elettrico in Italia.), gran parte dei quali decentralizzati in piccole installazioni su tetti urbani e capannoni industriali. L’elettricità così prodotta (che si può calcolare in circa 10.730 GWh) è stata immessa nella rete nazionale e incentivata grazie al Conto Energia (DL 19/2/2007). E’ stata cioè costruita dai cittadini una centrale elettrica diffusa capace di sostituire per capacità produttiva circa 3000 MW di potenza installata tradizionale a metano, olio combustibile o nucleare, in un tempo inferiore ai 12 mesi e con costi di impianto competitivi con quelli delle installazioni energetiche non rinnovabili, e con costi di operatività enormemente inferiori (il sole è gratuito). Essenziale per lo sviluppo delle rinnovabili è un sistema di reti e di accumulo distribuito che renda possibile l’utilizzazione su larga scala dei sistemi di conversione di energia rinnovabile, la cui produzione non è prevedibile. L’accumulo può essere tanto fisico (acqua, aria compressa, batterie, volani, supercondensatori, ecc.) quanto virtuale, grazie alle smart grid. Necessario anche lo sviluppo delle reti di trasmissione che consentano di far fronte alle esigenze energetiche usando una fonte preponderante in una certa regione (italiana o europea) quando un’altra fonte non è disponibile (per esempio il sole di notte).
2. I consumi attuali di energia in Italia
L’Italia è un paese altamente dipendente da importazioni di combustibili fossili, per un consumo interno lordo 2010 di 188 MTEP, costituito da importazioni nette (import– export) di 155 MTEP, minori frazioni fossili nazionali per circa 12 MTEP e 21MTEP di energie rinnovabili locali. Tra le importazioni, 10 MTEP di elettricità e circa 2 MTEP rinnovabili importate.I consumi di elettricità nel 2010 (dati Terna, al netto dei pompaggi) sono stati pari a circa 342.9 TWh (corrispondenti a circa 70.7 MTEP, circa il 38% dei consumi totali),che al netto delle perdite di trasporto e conversione diventano 299.3 TWh di consumi finali elettrici. La potenza elettrica installata in Italia è pari a circa 106 GW, ossia la capacità produttiva di tutti gli impianti non rinnovabili e rinnovabili insieme, contro una domanda media di poco più di 40 GW e una domanda massima record di 56.8GW nell’estate del 2007, evento mai più verificatosi. La produzione nazionale dielettricità è dovuta a questa frazione di potenza realmente attiva, mentre la maggior parte della potenza disponibile non viene utilizzata. L’Italia dunque dispone di una potenza elettrica installata largamente superiore alla domanda. L’eventuale costruzione di nuove centrali non deve mirare all’aumento di tale potenza, bensì alla sostituzione di impianti obsoleti con impianti più moderni a migliore rendimento (ad esempio, metano anzichè carbone) e soprattutto sostituzione di impianti di generazione a energia rinnovabile al posto degli impianti non rinnovabili.La produzione nazionale di energia da tutte le fonti è pari a 33.8 MTEP lordi, ossia circa il 18% dei consumi totali di energia lorda in Italia. Il resto (82%) rappresenta energia di importazione.
Appare evidente dai dati statistici che:
(a) l’Italia dipende enormemente dall’estero per la propria fornitura di energia;
(b) l’Italia utilizza quantità minime di energia rinnovabile (12.2%), ancora al di sotto del limite 20-20-20 imposto dall’Unione Europea.
Molte Regioni si sono dotate di piani energetici, ma nessuna si è data l’ambizioso obiettivo di volare alto, affrancarsi dal petrolio e azzerare il contributo al cambiamento climatico, assumendo un ruolo promozionale di piani energetici realmente innovativi. E’ indispensabile perciò, Regione per Regione, valutare i consumi di energia fossile nei principali settori di attività (agricoltura, industria,trasporti, servizi, domestico), individuare e chiedere significativi interventi per l’aumento di efficienza e la diminuzione degli sprechi in tutti i settori (la centrale virtuale), per poi ipotizzare una strada di graduale sostituzione dei consumi fossili residui con fonti rinnovabili (la centrale diffusa: solare termico e fotovoltaico, eolicoe minieolico, biomasse, etc). Se ciò avverrà con la partecipazione della popolazione locale e dei gruppi ambientalisti, sarà ridotto il rischio di interventi speculativi o ambientalmente poco meditati e sarà possibile indicare dove e come inserire le nuove proposte nel rispetto del paesaggio e dell’ambiente. Una simile pianificazione spaziale e temporale costituisce la via maestra di un’alternativa vincente al carbone e agli altri combustibili fossili.
La pianificazione territoriale a tutti i livelli assume una importanza che non può essere sottovalutata e impone una sfida trasversale all’associazione, compresa una forte capacità di visione: per esempio, nella maggior parte dei casi gli attuali piani regolatori non sono compatibili con l’attuazione della direttiva europea sugli edifici a energia quasi zero.Attraverso strumenti di democrazia e partecipazione territoriale (tra i quali è fondamentale la Valutazione Ambientale Strategica di cui alla Direttiva 2011/42/CE) vanno coinvolti tutti gli interessati (popolazioni locali, associazioni,imprese, etc) per una pianificazione energetica condivisa. E’ prioritario che ogni area o Provincia o Regione cerchi di sfruttare le risorse rinnovabili esistenti nel proprio territorio, in forma idonea e pianificata, così da soddisfare la domanda di energia o parte di essa senza dipendere eccessivamente da aree limitrofe. E’ anche prioritario che ogni amministrazione regionale, provinciale o comunale effettui una pianificazione energetica complessiva, compatibile con la vocazione e le caratteristiche ambientali, produttive e sociali di ciascuna area.E’ indispensabile infine che la pianificazione energetica venga effettuata dopo ampia consultazione dei territori interessati.In questa prospettiva è importante cominciare a creare nelle popolazioni una consapevolezza della reciproca interdipendenza energetica tra Regioni, e la necessità di un percorso di riequilibrio territoriale. Sempre nel rispetto di una pianificazione delle risorse e degli impatti, è bene essere consapevoli che rifiutare una installazione energetica, rinnovabile o meno, significa o importare elettricità o altra forma dienergia da un’altra Regione che invece non ha saputo, voluto o potuto rifiutarla oppure l’obbligo di mettere in atto adeguate strategie di riduzione dei consumi energetici che giustifichino la mancata installazione.E’ in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il cosiddetto Decreto “BurdenSharing” approvato a fine febbraio 2012 dalla Conferenza Stato-Regioni. Benché il decreto sia nato già vecchio, in quanto non tiene conto dello sviluppo delle energie rinnovabili negli ultimi anni, sulla base di questo decreto può essere avviata una pianificazione che rispetti e valorizzi ciascun territorio.
Energia in generale ed energia elettrica
Il problema energetico e dell’uso dei combustibili fossili non si limita all’energia elettrica e a nuovi impianti elettrici. L’Italia ha un enorme problema energetico connesso agli usi termici nei trasporti (combustibili liquidi) e nel settore domestico(metano per il riscaldamento), oltre che a una frazione degli usi termici nell’industria. L’utilizzo di elettricità può diventare un vantaggio, grazie alla più elevata efficienza che i motori elettrici consentono rispetto ai motori termici, ma solo se questa elettricità è prodotta con fonti meno inquinanti o rinnovabili. Infine, una buona frazione del problema energetico italiano è costituita dalla necessità di ridurre iconsumi energetici, elettrici e termici, mediante adeguati interventi di efficienza e di risparmio in tutti i settori. In questa ottica, è bene tener presente che parlare di energia non è la stessa cosa che parlare di energia elettrica: una larga parte dell’energia da noi utilizzata è nella forma elettrica, ma una parte ancora maggiore è nella forma termica,per riscaldamento e trasporto.
Nucleare, carbone e petrolio nella generazione elettrica
Il WWF Italia ha sempre avuto una posizione molto netta contro la reintroduzione dell’energia nucleare in Italia. Tale posizione, confermata dalla volontà del popolo italiano nel recente referendum del giugno 2011, considera l’energia nucleare assolutamente non realizzabile nè desiderabile in Italia e auspica la sua graduale scomparsa nel resto d’Europa e del mondo.In Italia la produzione elettrica avviene per circa il 44.5% da metano, l’ 11.6% da carbone, il 2.9% da olio combustibile, il 22% da rinnovabili e il 12.9% da importazioni. Il WWF è consapevole del fatto che la transizione verso una società completamente supportata da energia rinnovabile dovrà ancora basarsi per un certo tempo sulle fonti fossili attualmente disponibili. Mentre il petrolio è stato fino agli anni 90 la fonte dominante per la produzione di elettricità, è il metano oggi la fonte energetica preferita per ragioni di praticità e minore impatto ambientale. Il vantaggio per il carbone, rappresentato in passato dal suo prezzo più basso, tende a scomparire velocemente sul mercato mondiale, dove i prezzi stanno riallineandosi. Per ragioni ambientali (in primis, alta quantità di emissioni e conseguente impatto sul clima), di salute umana ed economiche, il WWF non ritiene il carbone una fonte idonea alla generazione elettrica in Italia, e, dopo la vittoria nel referendum sul nucleare, ha lanciato una campagna contro il carbone.La generazione elettrica a olio combustibile sta invece lentamente scomparendo, a causa dei costi eccessivi e della necessità di destinare i derivati del petrolio al trasporto veicolare.
Metano
Il metano è la fonte fossile che potrà supportare, nel breve e medio periodo, latransizione dalle fossili alle rinnovabili passando per efficienza energetica erisparmio.Come combustibile, il metano trova applicazione sia nei settori domestico eindustriale, sia nel settore trasporti, seppure in misura minore. Inoltre, la generazioneelettrica da metano rappresenta, come già detto, la larga parte della produzione dielettricità nel nostro paese.L’Italia possiede scarse riserve di metano da estrazione specialmente nel mareAdriatico. Il resto del suo fabbisogno deriva da importazioni via gasdotto(prevalentemente Russia ed Algeria) e via mare attraverso navi metaniere erigassificatori. L’importazione via gasdotto comporta una rigidità nei confronti deifornitori, che possono più facilmente negoziare prezzo e forniture a loro favore.L’importazione via nave comporta la controversa costruzione di rigassificatori, cosìda consentire l’acquisto da più fornitori, maggiore sicurezza nell’approvvigionamentoe, grazie alla concorrenza, possibili prezzi più bassi. Un rigassificatore è un impiantoche permette di riportare il metano dallo stato liquido utilizzato nel trasportomarittimo (GNL) a quello gassoso utile per il trasporto terrestre ed il consumo finale.Gli impianti di rigassificazione possono essere realizzati a terra, oppure in mare.Entrambe le strategie sono state viste come possibilità di fare del nostro Paese uncosiddetto hub, ossia un terminale, del metano per l’Europa intera. L’Italiadiventerebbe il punto di convergenza di metano e ridistribuzione al nord Europa. E’stato proposto, da parte di numerose compagnie italiane e straniere (Exxon, Shell, BP,ERG, Gas Natural) un elevato numero di rigassificatori lungo tutta la penisola(Ravenna, Gioia Tauro, Taranto, Priolo, Trieste, Livorno, per citarne solo alcuni), inconcorrenza tra queste compagnie e le Italiane ENI/Snam ed ENEL. In vista dellaredistribuzione in Europa, SNAM punta ad acquisire larga parte della rete didistribuzione europea mediante accordi o acquisti. ENEL vede in questa strategia unapossibilità di acquisto indipendente e a prezzi favorevoli del gas necessario alleproprie centrali.
Il WWF ritiene che:
a) L’Italia non avrebbe vantaggi nel diventare terminale di ridistribuzione del metano in Europa. Il gas non è l’energia del futuro, ma quella di transizione,quindi investimenti eccessivi a lunga scadenza in questo settore non farebbero che ritardare il passaggio a un modello fondato sulla produzione di energia da fonti rinnovabili.
b) Occorre quindi che una Strategia Energetica Nazionale valuti le effettive necessità e impedisca che si installino rigassificatori in quantità eccedente al consumo italiano. Occorre valutare se i rigassificatori già esistenti e qualcuno in fase di costruzione non siano già ampiamente sufficienti a rimpiazzare parte delle forniture via gasdotto in maniera da ridurre il rischio di “ricatti” di fornitura. In questo contesto vanno ovviamente valutate anche le interferenze degli impianti di rigassificazione, delle infrastrutture connesse e del traffico navale generato, con gli aspetti relativi alla sicurezza, agli altri usi del mare,ecc.
c) In ogni caso, l’eventuale realizzazione di un rigassificatore deve comunque evitare per il suo funzionamento l’utilizzo di acqua di mare come sorgente di calore per il processo di rigassificazione. È necessario ricorrere a tecnologie alternative, per esempio integrando il rigassificatore col territorio circostante,così da utilizzare a tale scopo il calore di scarto disponibile da parte di imprese o grandi utenti della terraferma.
Risparmio ed efficienza
Assistiamo ad uno sviluppo molto rapido di nuove installazioni energetiche, ma non a un altrettanto rapido sviluppo degli interventi di messa in efficienza e risparmio.Questi ultimi costano molto poco, rispetto a quelli per la costruzione di nuovi impianti di produzione e trasformazione dell’energia e richiedono competenze presenti sulla maggior parte dei territori. I risparmi ottenibili sono notevoli con tempi di ritorno anche molto brevi.E’ indispensabile perciò ottenere normative e forme di incentivo più incisive per efficienza e risparmio in tutti i settori, pianificando i risultati che si intende raggiungere e perseguendoli con un monitoraggio continuo. Ottenendo un forte risparmio dei consumi di ciascun settore (trasporti, civile, industria), la riduzione dei costi energetici del paese sarebbe notevolissima.Il WWF si impegna nell’individuare e premiare le migliori pratiche di risparmio energetico e generazione sostenibile di energia e si impegna, attraverso la propria struttura nazionale, le proprie realtà regionali e locali, le proprie società tecniche e di progettazione, con il supporto del proprio Comitato Scientifico, a promuovere l’utilizzo delle migliori tecniche disponibili, il miglioramento delle normative, e la transizione verso processi di produzione e consumo sostenibili, così da contribuire alla salvaguardia ambientale e al miglioramento della qualità della vita.
Fonti Rinnovabili
Rinnovabile non è sempre sinonimo di innocuo e pulito. Esistono strumenti di analisi e valutazione di tali caratteristiche (ad esempio, l’Analisi del Ciclo di Vita, ormai di venuta prassi standardizzata a livello di Unione Europea e ancora praticamente sconosciuta in Italia) e di tali strumenti è indispensabile servirsi prima di intraprendere un processo o approvare una decisione. Esempio di tale applicazione metodologica è la recente nota della Environmental Protection Agency, dicembre 2011, in cui si afferma la impossibilità a qualificare come rinnovabile il biodiesel da olio di palma, in quanto non realizza la riduzione delle emissioni di CO2 al di sopra della soglia richiesta 20% (EPA’s analysis shows that biodiesel and renewable diesel produced from palm oil do not meet the minimum 20% lifecycle GHG reduction threshold needed to qualify as renewable fuel under the RFS program). Il WWF ritiene indispensabile la sostituzione delle fonti non rinnovabili con quelle rinnovabili, nell’ambito di una pianificazione concordata delle potenze, delle tipologie, e della localizzazione delle stesse. Ma prima di ogni altra cosa, queste fonti debbono essere veramente rinnovabili e “carbon-neutral”, ossia contribuire alla sostenibilità degli usi energetici e alla effettiva riduzione delle emissioni di CO2.
Solare termico e fotovoltaico
La fonte solare promette di fornire notevoli quantità di energia termica con ritorno del capitale finanziario e dell’energia investiti in tempi molto brevi, anche garantendo ricadute occupazionali locali per competenze progettistiche, realizzative e di installazione già esistenti sul territorio.Inoltre la tecnologia fotovoltaica già oggi consente una produzione significativa di energia elettrica a costi competitivi e gradualmente in ulteriore diminuzione. E se è vero che la diffusione su larga scala di tale tecnologia può comportare temporanei problemi di inserimento in rete (problemi superabili con adeguati investimenti sulle reti, a partire dalle smart grid) e problemi di smaltimento/riciclo dei moduli fotovoltaici a fine vita, è anche vero che tali problemi sono enormemente minori dei problemi generati dalla moltiplicazione di centrali a carbone presuntamente pulito o comunque legati all’uso di combustibili fossili. Il payback time energetico di un modulo fotovoltaico è ormai solo di 4-6 anni, con conseguenti innegabili vantaggi rispetto alle emissioni di anidride carbonica nella fase di produzione.L’installazione di moduli fotovoltaici richiede ampie superfici: il WWF ha sempre indicato come scelta prioritaria l’utilizzo di tetti di fabbricati e terreni inadatti ad altri usi perchè degradati o contaminati (cave, terreni da bonificare, terreni lungo la rete autostradale, ecc.), che potrebbero perciò entrare in una pianificazione concordata del territorio. Tuttavia, già oggi i sussidi del Conto Energia sono largamente sfavorevoli atali installazioni a terra, così da rendere più difficili eventuali installazioni speculative.E’ del tutto evidente che oggi è ancor più indispensabile e nodale assicurare un vero governo del territorio.
Eolico
Il WWF ha redatto apposite Linee guida per individuare le aree nelle quali gli impianti eolici possono avere un impatto eccessivo sulla biodiversità. Per quel che riguarda i problemi paesaggistici, le linee guida nazionali emanate dal precedente Governo (Decreto Ministeriale 10/09/2010, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 18/09/2010 n. 219) forniscono uno strumento alle Regioni per escludere le aree sensibili o di pregio. La pianificazione è uno strumento essenziale per evitare l’invasività e programmare l’uso del territorio.La pianificazione e la localizzazione sono elementi centrali anche dal punto di vista economico.La scientificità delle ricerche che accompagnano la proposta di nuovi impianti è elemento irrinunciabile. Ed al tempo stesso, nel caso di contrarietà ad un impianto eolico, il WWF sostanziare la propria posizione con studi specifici e autorevoli.
Geotermia (per elettricità e per usi a bassa entalpia)
E’ necessario approfondire i problemi connessi con la geotermia, soprattutto in Toscana, regione particolarmente sfruttata. Va affrontato il punto della geotermia a bassa entalpia, con attento sfruttamento dalla geotermia ad alta entalpia, che copre meno dell’1% della domanda di energia elettrica del nostro Paese e sembra creare problemi di salute nelle zone dove esistono coltivazioni geotermiche. Va sviluppato maggiormente il concetto di pompa di calore e l’uso dei fluidi termici per altre attività produttive, tali da far risparmiare energia fossile.
Biomasse
L’energia da biomasse è stata ed è oggetto di un notevole dibattito a livello internazionale: si sono evidenziati i gravi limiti di scelte legate ai combustibili liquidi di prima generazione (bioetanolo da mais, biodiesel da semi oleosi), all’importazione di biomassa da paesi extraeuropei, alla coltivazione ad-hoc di materiale lignocellulosico mediante colture non alimentari ad alta resa.E’ indispensabile un’adeguata programmazione dell’uso del territorio per salvaguardare i boschi naturali e seminaturali e le aree agricole necessarie per le coltivazione a fini alimentari oggi e in futuro. E’ altresì opportuno modulare gli incentivi in modo da favorire gli impianti di biomasse che usino residui e biomasse di scarto da lavorazioni agricole e/o industriali, prestando particolare attenzione a che queste attività non nascondano pratiche illegali di incenerimento dei rifiuti solidi urbani. Anche sui terreni attualmente non coltivati perché marginali, la politica piùsaggia non è necessariamente quella di coltivare biomasse per uso energetico, perché la resa sarebbe comunque bassa e non remunerativa; d’altro canto, su terreni agricoli di qualità è meglio investire per incentivare una agricoltura multifunzionale e di qualità, che comprenda tra i suoi prodotti anche bioenergia per l’autosufficienza energetica, ma non si proponga come impossibile fornitrice di elevate quantità di energia. L’obiettivo è rendere l’agricoltura autosufficiente (attualmente, 3 MTEPanno di consumo energetico) e cominciare a ricavare dai residui agricoli prodotti chimici e biomateriali che gradualmente sostituiscano la chimica del petrolio (8MTEP anno) in un’ottica di bioraffineria. Va comunque evitata l’autorizzazione di impianti di grandi dimensioni (o un numero eccessivo di impianti di piccole dimensioni non pianificati), la cui area di raccolta si sovrapponga all’area di raccolta di altri impianti anche non a finalità energetica.Devono essere comunque impianti ad alta efficienza con trigenerazione in cui la produzione energetica non deve essere solo elettrica, ma anche termica (quest’ultima non camuffata da progetti che non verranno mai realizzati come serre, ecc.). Le emissioni locali vanno considerate anche rispetto al contesto di inquinamento dell’aria già presente. Va anche tenuto presente che il trasporto di biomassa a grande distanza comporta consumi energetici e impatti di vario tipo sui territori attraversati, tali da annullare i vantaggi attesi.
Il problema delle compensazioni
Non è pensabile risolvere l’esistenza di un grave impatto ambientale, di danni alla salute in atto o stimati, di degradazione irreversibile di un territorio attraverso strumenti compensatori. L’unico strumento già inserito nelle direttive delle Nazioni Unite e della Unione Europea è il Principio di Precauzione, secondo cui bisogna astenersi dal realizzare un processo sul cui impatto esistano ragionevoli dubbi. Invece,in presenza di impatti ambientali, economici, paesaggistici di minore entità e comunque non irreversibili, è possibile ipotizzare meccanismi di compensazione finalizzati non a colmare le casse dell’ente locale, ma al recupero ambientale, al risanamento del territorio circostante, al ripristino di funzioni ambientali degradate,alla creazione di aree protette, così da fornire un effettivo compenso pari o comunque della stessa natura del disagio creato.
Il contesto immediato e i prossimi passi
La sfida energetica è e deve diventare sempre più un terreno di proposta e azione in positivo di tutta l’associazione, in stretta connessione con l’esigenza di rapida decarbonizzazione imposta dall’emergenza climatica. In questo quadro, il WWF ha individuato anche nelle città un possibile motore di cambiamento, associando il “City Challenge” al maggiore evento globale dell’associazione (Earth Hour): questo darà modo a tutte le realtà, a partire da quelle territoriali, di misurarsi con la trasformazione del modello di vita, di consumo e di energia.Il WWF Italia ha anche approntato una campagna contro il carbone che parte in aprile, puntando sui social media e sull’informazione diffusa, cominciando dai siti delle centrali a carbone per poi diventare nazionale. La campagna viene supportata da un dossier a disposizione delle realtà territoriali e di quella nazionale.Il WWF ha anche commissionato a un autorevole istituto di ricerca energetica (il Refe)la definizione un possibile scenario di decarbonizzazione del settore elettrico, al quale vengono trasferiti altri settori energetici, nel medio e lungo periodo (2030-2050,in linea con l’Europa) attraverso la promozione del risparmio e dell’efficienza energetica e lo sviluppo delle rinnovabili. In tale contesto, saranno anche di individuare le proposte tecniche e normative da attuare per arrivare a tale scenario, nonché le azioni che ognuno può e deve compiere, dal cittadino all’amministrazione locale, regionale e nazionale.Nel contempo siamo di fronte a un nuovo attacco agli incentivi alle rinnovabili, in particolare al fotovoltaico (V Conto Energia): è un attacco all’energia distribuita, si prevede addirittura l’imposizione di un registro per gli incentivi agli impianti fotovoltaici a partire da 12 kW (quelli dei micro-condomini, insomma). In gioco ci sono le prospettive di decarbonizzazione e il futuro della Green Economy nel nostro Paese.
Breve spiegazione di alcuni termini usati
MISURE DI ENERGIA
La quantità di energia può essere misurata quantificando il lavoro che è possibilecompiere con essa. L’unità di misura utilizzata è il joule; un joule è il lavoro svoltoesercitando la forza di un newton per una distanza di un metro. Oltre al joule, siutilizza a volte un’unità di misura definita dalla pratica: la caloria. 1 caloria equivalealla quantità di energia che si deve somministrare, sotto forma di calore, ad 1grammo di acqua perché la sua temperatura si innalzi da 14,5°C a 15,5°C.Durante gli anni si sono aggiunte altre grandezze per esprimerele quantità energetiche: Kilowattora (kWh) cioè l’energia erogata da una macchinadella potenza di 1 kW in un’ora; Tonnellate equivalenti di petrolio, Tep, utilizzateper indicare l’energia sprigionata in media da una tonnellata di petrolio (ad esempio1 t di olio combustibile = 0,95 Tep, 1 m3 di metano = 0,00082 tep); Elettronvolt (eV),utilizzato per misurare l’energia di 1 elettrone che si muove in un campo elettricopari a 1 Volt; British Termal Unit, utilizzato nel sistema metrico britannico.
MISURE DI POTENZA
Un quantitativo di energia erogato in tempi diversi può essere sfruttato in modi differenti. La misura dell’energia erogata in un determinato periodo di tempo è chiamata potenza. Molte macchine e strumenti di utilizzo comune sono caratterizzate dalla loro potenza, cioè dal tipo di lavoro che riescono a svolgere. L’unità di misura è il Watt, dal nome di James Watt che si dedicò nel XVIII secolo, allo studio del rendimento delle macchine. Il WATT (W) corrispondente alla energia di 1 J sviluppata in 1 secondo. Un Wattora (Wh) è l’energia prodotta dalla potenza di 1 Win un’ora.
Normalmente si usa il multiplo kWh (kilowattora) uguale a 1000 Wh. 1 kWh equivale a 860 Cal e a 3.600.000 JOULE.
Oltre al Watt, dalla pratica sono in uso anche altre unità di misura della potenza come i cavalli vapore (CV).
Nel documento si trovano anche alcuni multipli del Watt:
Mega watt (MW) = 106 W = 1 000 000 W
Giga watt (GW) = 109 W = 1 000 000 000 W
Tera watt (TW) = 1012 W = 1 000 000 000 000 W
Analogo rapporto per le altre unità di misura.
PACCHETTO EUROPEO 20-20-20
Si tratta dell’insieme delle misure approvate dalla Unione Europea per il periodo successivo alla fine del primo periodo di azione del Protocollo di Kyoto (2008-2012),il trattato ONU realizzato per contrastare il cambiamento climatico: il “pacchetto” è entrato in vigore nel giugno 2009 e va dal gennaio 2013 fino al 2020.Tabella di conversione delle unità di misura energetiche(esempio: per trasformare i kilowatt-ora in joule bisogna moltiplicarli per 3,6 x 106 ; 1kWh=3,6 x 106 Joule) Joule kcal Tep kWh BTU Joule 1 2,38×10-4 2,39 x 10-11 2,78 x 10-7 0,0095 kcal 4,1845[1] 1 1,10 x 10-7 1,163 x 10-3 4Tep 4,1868 x 1010 107 1 11.630(*)3,968 x 107kWh 3,6 x 106 860 8,6 x 10-5 (*) 1 3.412 BTU 1.055 0,25 2,52 x 10-8 2,9 x 10-4 1(*)nota: quando si passa da tep a kWh oltre all’uguaglianza fra grandezze fisiche indicate in tabella, bisogna considerare anche il rendimento medio dei sistemi che trasformano i combustibili fossili (misurati in tep) in energia elettrica (misurata in kWh). Per produrre un kWh elettrico sono necessari in media 2,56 kWh di combustibili fossili. Quindi la reale equivalenza fra kWh e tep si ottiene applicando il fattore 2,56 ai valori in tabella. 1kWh=8,6 x 10-5 x 2,56 =0,22 x 10-3 tep. Questo valore è il fattore di conversione da energia elettrica a combustibili fossili attualmente utilizzato per legge (DM 24 aprile 2001, art.2).L’autorità per l’energia elettrica e il gas ha il compito di modificare questo valore al variare dei rendimenti degli impianti termoelettrici.Il nome deriva dalla decisione di ridurre le emissioni di gas serra del 20 %, alzare al 20 % la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e portare al 20 % l’efficienza e il risparmio energetico, il tutto entro il 2020. I primi due obiettivi sono vincolanti, ma quello sull’efficienza energetica è tendenziale. Il WWF e le altre associazioni ambientaliste hanno chiesto che l’obiettivo di riduzione delle emissioni sia portato ameno 30%, con conseguente innalzamento degli altri target (e rendendo obbligatorio anche il target sull’efficienza energetica).Il pacchetto comprende la revisione del Sistema ETS (Emission Trading Scheme), lo scambio delle quote delle emissioni di gas serra, con l’introduzione della messa all’asta delle quote a partire dal 2013; l’introduzione dell’“Effort sharing”, in altre parole la ripartizione degli sforzi per ridurre le emissioni per i settori che non rientrano nel sistema di scambio delle quote (edilizia, agricoltura, trasporti eccetto quello aereo); la promozione del meccanismo del Carbon Capture and Storage – CCS(Cattura e stoccaggio geologico del carbonio); obiettivi di aumento della quota dei consumi finali di energia (dunque non solo elettrici) coperti da fonti rinnovabili;nuovi limiti di emissione di CO2 per le auto; miglioramento della qualità dei combustibili.
GEOTERMIA
Il termine di “energia geotermica” è generalmente impiegato per indicare quella partedel calore terrestre, che potrebbe essere estratta dal sottosuolo e sfruttata dall’uomo.Le risorse geotermiche ad alta entalpia sono quelle in grado di produrre energiaelettrica attraverso il vapore ad alta temperatura che aziona delle turbine e trasformacosì il proprio contenuto energetico in energia meccanica. Le risorse geotermiche abassa entalpia sono quelle che utilizzano direttamente il calore (ad es. acque calde aldi sotto della temperatura di ebollizione); tra queste ci sono quelle che si basano sulsemplice scambio termico con il sottosuolo.