Spett. le redazione de “La Nazione”,
abbiamo letto gli articoli apparsi sul Vostro quotidiano negli ultimi mesi, relativi al ritorno del lupo nella nostra regione e tutte le problematiche riscontrate dagli allevatori, in particolare quelli maremmani.
Nessuno, meno che mai la nostra associazione, che per anni si è battuta affinchè questa specie si ripopolasse dopo che era stata portata ad un passo dall’estinzione, nega che vi sia un problema di predazione – e non soltanto da parte del lupo – nei confronti degli allevamenti ovino-caprini in particolare.
Crediamo però, esperienze e dati alla mano, che le soluzioni non cruente esistano e permettano una pacifica convivenza tra l’uomo, in questo caso l’allevatore, ed una specie (fondamentale per la catena alimentare) che ha faticato così tanto per ritornare ad avere numeri accettabili.
Registriamo peraltro che il “problema lupo” sia sentito soprattutto in Toscana, dato che la stra-grande maggioranza delle altre regioni aveva già dato parere negativo a qualsiasi tipo di prelievo cruento, fosse anche in minima percentuale, al Piano lupo predisposto dal Governo.
Innanzitutto è bene ribadire che mancano ancora i dati sul lupo appenninico , senza censimenti standardizzati e pluriennali. Non esistono,ad oggi, dati attendibili sull’effettiva incidenza, per esempio, del bracconaggio.
Solo con censimenti precisi e non con valutazioni “empiriche”, potremo capire l’entità e la quantità numerica del lupo in Italia.
Differenze nell’approccio al “problema”: i casi di Emilia – Romagna e Toscana
Gli strumenti per gestire il conflitto lupo-pastorizia ci sono e l’Emilia Romagna è adesso l’esempio di come se gli strumenti vengono applicati con serietà, accuratezza e costanza, essi possano portare a risultati straordinari. Nessuno nega il conflitto lupo-pastorizia, ma questo è un conflitto secolare che non può essere ridotto a zero, ma che può invece essere gestito con efficacia. Occorre consapevolezza e collaborazione tra Enti e Allevatori.
Gli strumenti applicati in Emilia-Romagna sono :
- cani da guardiania in numero sufficiente e con le caratteristiche giuste;
- recinzioni e modalità di gestione delle greggi che siano compatibili con il luogo in cui ci si trova
(impensabile utilizzare le pratiche della pastorizia sarda che si è sviluppata in Sardegna dove il lupo non c’è mai stato! In Abruzzo e in Calabria invece, che sono state le due regioni roccaforte del lupo negli anni 70 la pastorizia ha da sempre convissuto con la presenza del lupo. In Toscana il lupo è una presenza che è aumentata ed è normale che si debba re-imparare a gestire il conflitto anche da parte di pastori di origine sarda che non hanno un retaggio culturale storico come quelli abruzzesi!);
- Ø una diversa politica degli indennizzi:
la regione indennizza utilizzando i fondi della sanità (legge 281).
Le predazioni sono indennizzate al 100% del valore, ma solo se le aziende si sono dotate dei sistemi di prevenzione (dopo il primo attacco). Se non si applicano i sistemi di prevenzione NON ci sono rimborsi (questa è una prassi fondamentale!)
Le verifiche sono fatte da personale del servizio veterinario asl, formato ad hoc con georeferenziazione delle predazioni.
Viene inoltre riconosciuta una quota fissa per le spese di smaltimento delle carcasse;
- Ø un’accurata prevenzione:
C’è un bando regionale di circa 3 milioni di euro, con incontri zonali, assistenza alle aziende, interventi “tailor made” (su misura!), formazione dei tecnici delle ex province. Circa 2600 euro ad intervento.
In Toscana la situazione è molto diversa:
Nella nostra regione vengono spesi molti soldi sia per gli indennizzi che per la prevenzione, ma male. Ci sono stati casi in cui per due pecore sono stati pagati 7000 euro, mentre altri non hanno ricevuto nessun indennizzo pur avendo un numero molto superiore di capi abbattuti.
Ogni anno non sappiamo se le risorse per gli indennizzi ci saranno, solo a fine anno viene fatto un bando. La Legge Regionale 26/05 (mediante la quale venivano finanziati gli interventi a difesa del patrimonio zootecnico) è ormai illegittima, essendo scaduto l’aiuto di stato. Non abbiamo veterinari formati. I soldi per la prevenzione non si riesce a capire come vengono gestiti , se quello che viene speso serve a qualcosa. Insomma un disastro.
Il progetto MedWolf http://www.medwolf.eu/ è condivisibile, ma ha riguardato solo una frazione di aziende e quindi ha un efficacia molto limitata. Ci vogliono interventi strutturali e non progetti che scadono!
Gli abbattimenti sono inutili, prima ancora che contrari alla logica e all’etica.
Gli abbattimenti e le catture, a prescindere dagli aspetti etici e logici, sono tecnicamente inutili ed estremamente costosi. Se non si fa prevenzione si subiranno altri attacchi anche dopo un abbattimento. Meglio spendere in prevenzione. Gli abbattimenti non sono risolutivi, le catture meno che mai!
Il lupo è un animale gregario che vive la comunità con esemplari dai ruoli precisi, abbattere a caso può mettere a repentaglio la stabilità del gruppo.
In sostanza, uccidere esemplari di lupo, sperando di contenere i danni agli allevamenti è una chimera: una ricca bibliografia scientifica internazionale mostra che questa pratica produce, in molti casi, un effetto contrario, dato che i danni sono spesso addirittura aumentati per motivazioni legate all’etologia della specie. Sta accadendo ad esempio in Francia, dove 5 anni fa si era deciso di applicare queste deroghe (con metodi cruenti) e si sta dimostrando inefficace, oppure in Slovenia, paese che cede le quote di abbattimento in costante diminuzione ogni anno a favore di strategie di prevenzione non letali.
Aggressioni del lupo agli uomini: non si registrano dai primi del 1800.
Il lupo è un animale selvatico, per giunta un predatore ed è potenzialmente pericoloso come tutti i grandi predatori, ma teme l’uomo, al punto che, in Italia, non si registrano casi di aggressioni dai primi del 1800, quando c’erano, evidentemente, ben altre condizioni del territorio e di distribuzione della presenza antropica.
E’ molto facile creare la psicosi del “lupo cattivo” , dato che esso incarna paure ancestrali molto più impattanti rispetto a tanti suoi consimili.
Alcuni dati ci dicono, per esempio, che l’anno scorso ci sono state, in Italia, più di 2000 aggressioni mordaci ai danni dell’uomo, da parte dei familiarissimi ed addomesticati pastori tedeschi. 100 da parte dei più temuti rottweiller. E si sta parlando di canidi, la stessa famiglia dei lupi, ma nessuno si sognerebbe mai, meno che mai in Italia dove il rapporto con gli animali di affezione è molto sentito, di fare una crociata contro queste due specie!
L’ibridazione: un aspetto da non sottovalutare
C’è poi l’aspetto degli ibridi che è un altro capitolo ancora, pur non essendo il cuore del problema. Ci sono lupi meticci ma che comunque sono animali selvatici con lo stesso ruolo ecologico del lupo. Estremizzando, una percentuale altissima di lupi presenta introgressione di geni canini ma questo è un fenomeno di inquinamento genetico purtroppo comune a molte specie selvatiche (gatto selvatico, cinghiale, germano reale ecc.).
p. WWF TOSCANA
Marco Beneforti