ORGANIZZARE SUBITO LA RACCOLTA PORTA A PORTA A PISTOIA!
Si è tenuta oggi, a Pistoia, una conferenza stampa indetta dal Comitato per il WWF di Pistoia e Prato e da Legambiente Circolo di Pistoia.
Più volte, in questi ultimi anni, siamo intervenuti sullo stesso argomento, battendo il medesimo tasto. Un copia incolla che si ripete. A Pistoia occorre organizzare un sistema di raccolta porta a porta esteso a tutta la città e non soltanto al centro storico (dove peraltro si intende cambiarla) e nel quartiere di Sant’Agostino.
Circoscriverla solo a quei due ambiti non serve assolutamente a niente. Nel 2016 il Comune di Pistoia ha prodotto 58.434 ton di rifiuti, con una produzione pro-capite di 648 Kg / abitante / anno, ben superiore alla media dell’Italia centrale che è di 266 Kg / abitante / anno. Di questi, soltanto il 37,88% è stato raccolto in maniera differenziata (dato certificato ARRR), una percentuale lontanissima da quella del D.Lgs. 152/06 che prevede il raggiungimento del 65% entro il 2020 (ossia tra 2 anni!).
Atteso che la gestione dei rifiuti nella nostra città sta sempre più peggiorando (basti pensare alle tante segnalazioni che ci arrivano dai cittadini e dagli stessi verso i media locali, in tema di discariche abusive, rifiuti abbandonati intorno ai cassonetti, ecc), non è più rinviabile e non soltanto per una questione di parametri di legge, l’introduzione del sistema di raccolta Porta-a-Porta (P.a.p.) che darebbe i seguenti vantaggi:
– Sparirebbero i cassonetti stradali, con i quali la percentuale di RD non aumenta e che rappresentano spesso problemi di igiene pubblico ed ambientale;
– Ogni cittadino (poi si possono trovare forme diverse dal punto di vista organizzativo per i grandi condomini od altre realtà particolari come il centro storico) sarebbe coinvolto in prima persona, conferendo la propria spazzatura nei propri bidoni, responsabilizzandolo in toto per quello che produce e che raccoglie, situazione assai migliore del conferimento nei cassonetti-cloaca (dove c’è di tutto);
– Il materiale raccolto sarebbe enormemente più puro rispetto a quello attuale, dato che il cittadino avrebbe appunto i propri bidoni (di colore diverso) della raccolta differenziata. In Italia è statisticamente documentato che con una P.a.p. fatta bene, il materiale raccolto è più puro ed anzi il cittadino è motivato a produrne di meno (abbassamento del livello di produzione pro-capite);
– Sparirebbero d’emblèe tutte le conseguenze della gestione tramite i cassonetti stradali (abbandono rifiuti, conferimento errato, sporcizia, scarsa igiene, inquinamento ecc)
Ovvio che poi, a livello di ambito territoriale (A.T.O. Toscana Centro), anziché investire in costosissimi e dannosi inceneritori, dovrebbe essere messo in atto un piano industriale di riciclo del materiale raccolto, perché senza il recupero dei rifiuti differenziati, il ciclo non si chiude ed anzi diventa una contraddizione ed un problema.
Poi non è assolutamente vero che fare una RD come si deve, comporta un aumento del costo dei servizi. A questo proposito alleghiamo un’analisi tratta da www.inforifiuti.com
La RD spinta dei rifiuti organici riduce i costi complessivi di gestione
Numerosi ed autorevoli studi dimostrano che quando supera la soglia del 40-50% la RD in genere contribuisce a ridurre il costo generale dei servizi, in misura del 10-40%. A condizione, però, di rispettare alcuni criteri base di ottimizzazione dei servizi, a partire da un’elevata intercettazione a monte della frazione organica.
Puntare al 65% di RD non è quindi “accanimento ideologico”, come sostiene qualche non documentato detrattore, ma una strategia mirata a risparmiare contemporaneamente risorse ambientali ed economiche. Una prima conferma proviene dall’ultimo Rapporto rifiuti urbani di ISPRA (Figura 7.2 e Figura 7.4): i dati grezzi sui costi medi dei comuni, aggregati per fasce di RD, mostrano chiaramente la riduzione dei costi all’aumentare del tasso di RD.
Ciò non avviene per caso, ma è il risultato della buona organizzazione dei servizi di RD. In pratica, non si raggiungono alti tassi di RD mettendo nelle strade più campane per il vetro o cassonetti per la carta, ma seguendo una serie di “buone pratiche” ormai sperimentate, eventualmente adattandole leggermente alle caratteristiche specifiche del territorio. Già nel 1999 l’ANPA (ora diventata ISPRA) ha spiegato nel suo manuale operativo “La raccolta differenziata – aspetti progettuali e gestionali” quali sono i fattori che consentono di ottenere un risparmio tramite una buona progettazione delle raccolte differenziate “integrate”, basate sulla domiciliarizzazione del servizio.
Una RD ben progettata consente di ridurre i costi di gestione dei rifiuti, innanzitutto perchè diminuiscono i quantitativi complessivi di rifiuti indifferenziati da gestire. Il costo di trattamento delle frazioni indifferenziate è infatti sempre maggiore rispetto a quello delle frazioni oggetto di RD.
Quando poi i sistemi avanzati di RD vengono associati a sistemi di tariffazione puntuale, che incentivano a livello individuale il contenimento della generazione di scarti, ciò determina un ulteriore e drastico aumento del tasso di recupero, assieme ad una rilevante diminuzione della produzione procapite dei rifiuti. Ad esempio, la diffusione della tariffa puntuale ha fatto sì che in alcuni bacini veneti ciascun residente ora produca addirittura la metà dei rifiuti rispetto ad un abitante di regioni come la Toscana o l’Emilia Romagna (meno di 350 kg/anno contro quasi 700 kg).
Questo è quanto è avvenuto nel Consorzio Priula (TV), che nel 2000 ha introdotto nei suoi 14 comuni la raccolta porta a porta e la tariffa puntuale e che spiega nel proprio sito:
Il sistema Priula ha permesso il raggiungimento di un’elevata percentuale di raccolta differenziata (media del 78% nel 2007), una riduzione della produzione procapite di rifiuti (da 440 kg/abitante*anno nel 2000 a 364 kg/abitante*anno nel 2007) ed, in particolare, di quelli non riciclabili (il secco non riciclabile è passato da 321 kg/abitante*anno nel 2000 a 81,5 kg/abitante*anno nel 2007).
E’ chiaro che, aldilà di quale sia il livello del tasso di RD e dei costi specifici (€/t), se si hanno meno rifiuti in assoluto da trattare (frazione differenziata + indifferenzata) calano sicuramente anche i costi complessivi di gestione dei rifiuti.
Ma non è tutto. E’ ormai da una quindicina di anni che gli esperti di rifiuti sanno come rendere la RD un’attività economicamente conveniente e lo hanno dimostrato con numerosi studi e ricerche, quali ad esempio quelli prodotti da Enzo Favoino e dal suo gruppo di lavoro della Scuola Agraria del Parco di Monza, uno dei migliori referenti a livello mondiale per il compostaggio e le buone pratiche nella gestione dei rifiuti.
La pluriennale esperienza di dozzine e dozzine di comuni lombardi e veneti ha ad esempio dimostrato che separare alla fonte mediante la RD una quota di rifiuti organici superiore all’80% della frazione consente di riformare il servizio ordinario di raccolta dei rifiuti, che a sua volta determina sicuramente una riduzione dei costi complessivi. Ciò è dovuto principalmente a due fattori:
- per effetto della separazione della sostanza organica i rifiuti indifferenziati sono meno putrescibili e quindi si può ridurre la loro frequenza di prelievo: ad esempio, per milioni di italiani il ritiro dei rifiuti indifferenziati ormai avviene solo una volta alla settimana; nel 2013 il Consorzio Priula, con buona risposta da parte degli utenti, è addirittura passato al ritiro del bidone dell’indifferenziato una volta ogni 2 settimane;
- dato che i rifiuti organici hanno una densità maggiore rispetto ai rifiuti indifferenziati, per la RD di questa frazione si possono impiegare mezzi a vasca non compattanti, molto meno costosi dei mezzi compattatori, anche in termini di costo di esercizio.
Pistoia, 08/05/2018
p. Comitato per il WWF di Pistoia e Prato
Marco Beneforti
p. Legambiente Circolo di Pistoia
Antonio Sessa